DESCRIZIONE

Le Nostre Origini:

Dall’unione del gruppo storico Gilda del Loto Nero e della compagnia d’arme Bononia Militiae è nata, nel MMXI, la Gilda d’Arme Bononia.

Come gruppo di rievocazione storica ci rifacciamo alle compagnie d’arme presenti sul territorio Bolognese tra il XIII e il XIV secolo.

Cit : “La vita economica e sociale di Bologna durante il sec. XIII ed il XIV, fino all’avvento delle signorie, fu strettamente determinata dalle corporazioni cittadine e dalle associazioni armate del popolo, i cui rappresentanti - anziani consoli - dalla seconda metà del sec. XIII furono l’organo di direzione politica effettiva della città.” – Archivio di stato di Bologna, curatore Giorgio Tamba –

Cit : “L i b r i m a t r i c u l a r u m d e l l e s o c i e t à d ’ a r t i e d ’ a r m i ,Voll. 6 (127221796). Nel 1272 il capitano del popolo, Accursio Lanzavecchia, dispose che i nomi degli iscritti nelle matricole delle società del popolo venissero riportati in un voIume costituente la matricola populi. Nuove redazioni di questa si ebbero nel 1294, nel 1314 e nel 1410; quest’ultima, successivamente divisa in tre tomi, reca aggiornamenti fino a,ll’anno 1796. “ - BIBL.: A. 1. PINI, I libri matricularum societatum bononiensium e il loro riordinamento archivistico, Bologna 1967 (AS Bologna, Quaderni della scuola di paleografia ed archivistica, 15). –

Per rispetto alle società d’arme realmente esistite sul territorio, non ci siamo fregiati del nome di nessuna di queste, ma piuttosto ne abbiamo creato uno ex novo, pur restando fedeli nell’interpretazione storica e rievocativa degli usi e abitudini delle medesime.

Per la stessa motivazione abbiamo preso spunto da simboli araldici reali dell’epoca,pur assemblandone uno nuovo : l’aquila bicefala, fregio storico sovente utilizzato in diverse epoche ed occasioni (era ad esempio il blasone di Re Enzo, nobile prigioniero di Bologna), sta a rappresentare l’unione dei due gruppi, il loto nero in cima che funge da corona richiama alla memoria l’associazione Gilda del Loto Nero , mentre nello scudo in primo piano abbiamo messo in risalto parte dell'emblema della società d'arme Bononia Militiae che a sua volta riprende lo stemma del comune di Bologna all'epoca dei primi statuti .

Riferimenti bibliografici e fonti :

· Statuti delle società del popolo di Bologna, a cura di G. GAUDENZI, 1, Società delle armi, Roma 1889, II, Società delle arti, ivi 1896 ;

· A. Gaudenzi, Gli statuti delle società delle armi del popolo di Bologna, in Bullettino dell’istituto storico italiano,8 (1889), pp. 7-74 ;

· A. Gaudenzi, Le compagnie delle armi a Bologna, in L’Archiginnasio, XXVIII (1933), pp. 158-184 e 323-340 ;

· A. T. PINI-R. &ECI, Una fonte per la demografia storica medievale: le “ venticinquine ” bolognesi,in RAS, XXXVI (1976), pp. 337-417


Ci occupiamo di :
1) Alimentazione storica :
- Organizzazione cene e banchetti con cibi d'epoca e ambientazione storica ;
- Vendita prodotti alimentari per realizzare cucina storica ;
- Creazione di menù e ricette anche per vegetariani, vegan, celiaci e intolleranti, in linea con il periodo storico da ricostruire ;
- Degustazioni di infusi speziati, vini e liquori storici ;

2) Didattica :
- Banco dello speziale con erbe, spezie e strumenti alchemici ;
- Banco del maestro cuoiaio ;
- Banco delle invenzioni medievali ;
- Banco dei lavori storici perduti ;
- Banco della frutta e verdura antiche ;
- Incontri per le scuole sul tema " la vita nel medioevo " ;
- organizzazione di scambi e incontri culturali con città gemellate in rappresentanza dei comuni ;


3) Eventi :
- Ricostruzione di accampamento storico del 1300 visitabile ;
- Cucina storica in campo, anche con il pubblico ;
- Lezioni di scherma storica e scherma spettacolo ;
- Spettacoli di vita popolare, da campo e liberamente ispirati al medioevo ;
- Animazione in costume per feste, eventi e cerimonie ;
- Su richiesta : falconiere, mangiafuoco, giullari, giocoleria, organizzazione mercato di arti e mestieri storici.

4) Spettacoli :
- Sfilata di moda medievale : spettacolo didattico a sfondo comico della durata di circa 90 minuti. Si tratta di una sfilata di moda a concezione moderna ( musiche attuali che enfatizzano lo spettacolo ) , ma con in "passerella" 19 modelli di abiti storici, di diverse estrazioni sociali, che abbiamo auto prodotto rimanendo fedeli ad immagini e miniature dell'epoca. I vestiti saranno presentati e saranno date brevi nozioni storiche su ognuno, ma la didattica verrà alleggerita tramite sketch comici di ogni coppia di "modelli" ; questa rappresentazione ha un costo a parte ed è opportuno contattarci anche per avere le info tecniche per la messa in scena.
- Danze Allegoriche : brevi spettacoli di circa 20 minuti cadauno. Prendendo spunto dai miti pagani e cristiani, abbiamo creato diversi spettacoli danzanti con voce narrativa esterna che spiega lo svolgere delle nostre azioni in scena. Al momento abbiamo in repertorio le seguenti danze allegoriche : La scatola di Pandora , La danza della Morte e l'Amore disobbediente. Queste rappresentazioni hanno un costo a parte ed è opportuno contattarci anche per avere le info tecniche per la messa in scena.

venerdì 14 ottobre 2011

Compendio sulla storia del TE di Gessica Berti

“...Beviamo, nel frattempo, un sorso di tè. Lo splendore del meriggio illumina i bambù, le sorgenti gorgogliano lietamente, e nella nostra teiera risuona il mormorio dei pini. Abbandoniamoci al sogno dell’effimero, lasciandoci trasportare dalla meravigliosa insensatezza delle cose...”
(Kakuzo Okakura)
Sorsi di storia : l'identità,l'uso e il consumo di tè nei secoli.
a cura della D.ssa Berti Gessica, antropologa e storica dell'alimentazione.
© E' vietata la copia, la riproduzione e la diffusione del presente articolo senza esplicito consenso da parte dell'autore

La pianta del Tè

Convenzionalmente si fa distinzione tra tè verde, bianco, nero, rosso, oolong, spesso senza sapere che si tratta di una differenziazione di metodologie di raccolta ed essiccazione, dato che il tè deriva tutto dalla stessa pianta.
Linneo, erroneamente, nel 1735 fece distinzione tra tè verde (pianta di camellia viridis) e tè nero (pianta di camellia bohea), teoria successivamente accantonata dal Congresso Internazionale Botanico del 1935, quando tutto il mondo concordò che il tè deriva semplicemente dalla famiglia delle Theaceae, genere Camellia. Piuttosto si possono distinguere tre specie di arbusti: la Camellia  Assam (alta 8/11 metri, base del tè indiano), la Camellia Sinensis o China (alta 4/5 metri, base del tè cinese) e la Camellia Assamica sub- specie Lasiocalyx (base del tè indonesiano).
Una curiosità: il nome del genere Camellia venne dato nel 1735 da Linneo, in ricordo del suo amico boemo Kamel, in latino Camellus, missionario in estremo oriente.

Classificazione del tè

In Oriente il colore delle foglie del tè non ne influenza il nome come accade per noi occidentali, ma piuttosto è il colore dell'infusione che spesso lo determina.
Ad esempio, ciò che noi chiamiamo tè scuro (o sombre) per gli orientali sarà tè rosso.
Più frequentemente nell'est vengono attribuiti nomi dettati dalle caratteristiche organolettiche o dalle leggende.
La distinzione del colore delle foglie ha quindi carattere puramente commerciale.
Le tipologie di tè “per il mercato” quindi sono:
tè bianco, tè verde, tè giallo, tè blu o oolong ( o wulong ), tè nero, tè scuro ( o sombre/rosso ), tè affumicato, melanges di tè, tè da carovana ( in mattonelle ), tè ‘ Npphet, tè fioriti, infusi .
Esistono, in aggiunta alle precedenti, delle sotto categorie dei singoli tè, divisibili in profumati ed aromatizzati: si ha un tè profumato quando vengono aggiunti oli essenziali, mentre un tè è aromatizzato quando viene addizionato di fiori.

Il tè bianco

Una leggenda piuttosto fantasiosa narra che l’Imperatore cinese Huizong amava in modo particolare questo tipo di tè e che fosse così preso dalla preoccupazione di ottenere infusi di qualità sempre migliore da trascurare persino le cure dell’Impero, fino al punto di consegnarlo ai Mongoli.
Il tè bianco deve il nome alla lanugine argentea che ricopre i germogli prima che le foglie si dispieghino: ciò significa che per la preparazione della bevanda occorrerà più tempo, affinché le foglie possano dischiudersi e cedere all’acqua di infusione le sostanze solubili.
In genere sono sufficienti dai 5 ai 6 minuti.
Per quanto riguarda l’acqua, occorre far attenzione che non sia troppo calda, attorno ai 70 ° C e comunque non più di 75 ° C.
In questo modo, infatti, la fragranza delicatissima dell’infuso non viene alterata; a temperature più elevate, invece, le delicate molecole degli oli essenziali potrebbero rovinarsi.
L’infuso di tè bianco ha un aroma dolce e, a differenza di molti tè verdi, non ha fragranza erbacea.
Ha una colorazione che varia dal giallo paglierino all’aranciato carico.
Le più conosciute varietà sono Peonia, Luna dorata, Ago d’argento e Nuvola bianca.
Il tè bianco è prodotto per lo più in Cina e Giappone, ma ne esistono anche alcune varietà provenienti dalla regione indiana del Darjeeling, peraltro famosa per i tè neri.

Il tè verde

I tè verdi sono prodotti essiccando le foglie appena raccolte e impedendo così che gli enzimi in esse contenuti, venendo in contatto con i polifenoli primari, di cui pure la pianta è ricca, inneschino reazioni di ossidazione e fermentazione: questo tipo di tè è infatti anche definito non fermentato.
La produzione è prevalentemente concentrata tra Cina e Giappone.

La temperatura dell’acqua e il tempo d’infusione  si differenziano a seconda della varietà : dai 70° C ai 75 ° C per i tè verdi cinesi (con un tempo che va dai 2 ai 5 minuti), dai 40° C agli 80° C per i tè verdi giapponesi (con un tempo che va da 1 a 3 minuti) .
 Ecco una breve panoramica sui più famosi tè verdi :
Ø  Gyokuro: conosciuto anche come “ perla di rugiada” o tè rosa, è il tè verde giapponese più rinomato, caratterizzato da un intenso aroma erbaceo. Generalmente è essiccato all’ aperto, adagiato su apposite stuoie; per alcuni tipi si ricorre invece ai cesti di bambù e le foglioline acquistano in tal caso una forma particolare, allungata e sottile; è il tè delle grande occasioni.
Ø  Matcha: è quello impiegato nella cerimonia del tè giapponese. Si ottiene polverizzando le foglie più tenere, a volte della qualità sencha.
Ø  Tencha: si ottiene sminuzzando fogliè di tè verde a pezzettini di circa mezzo centimetro. Ha un colore verde simile alle foglie di alloro.
Ø  Sencha: è un tè verde giapponese generico, ma di alta qualità, di solito proviene dal primo raccolto.
Ø  Bancha: indica un tè (giapponese) in cui le foglioline sono state raccolte per ultime e, quindi, di qualità inferiore. Per il suo basso contenuto di teina il Bancha viene venduto spesso come deteinato, pur non avendo subito alcun trattamento di estrazione dell’alcaloide.
Ø  Houjicha: indica un tè giapponese essiccato al calore in maniera molto decisa (abbrustolito o tostato) preparato utilizzando le foglie più grandi; di solito viene utilizzato un bancha come base.
Ø  Kukicha: sono i piccioli e i rametti rimanenti dalla tostatura del tè verde Houjicha e danno un infuso particolarmente povero di teina.
Ø  Kokeicha: è un tè giapponese prodotto con gli scarti di lavorazione dei tè Sencha e Matcha impastati con acqua di riso e scarti di lavorazione di alghe nori. Ne risulta un tè a forma di specie di aghetti, somiglianti al rosmarino, che viene consigliato per i disturbi intestinali.
Ø  Genmaicha: viene spesso chiamato “ tè popcorn “ per via del gusto molto particolare. Si ottiene miscelando comune tè verde, solitamente sencha, con riso abbrustolito e soffiato. A volte viene aggiunto anche mais soffiato.  In Giappone viene dato spesso ai bambini.
Ø  Longjing: il nome (fonte del drago) indica una località cinese nelle vicinanze di una fonte d’acqua, dove una leggenda collocava la dimora di un drago e dove viene ancora coltivato questo particolare tè. Stando alla tradizione, per prepararlo si dovrebbe usare solamente l’acqua proveniente da questa particolare regione. Dà un infuso dall’aroma molto ricco, delicato e dal gusto dolce.
Ø  Gunpowder: diffusissima qualità di tè verde cinese che deve il suo nome (polvere da sparo) alla forma delle foglie, arrotolate in forma di pallottoline . Dà un infuso forte, dal sapore che ricorda decisamente quello della terra fresca con retrogusto erbaceo.

Il tè giallo

E’ un tè a mezza via tra il bianco ed il verde.
Questa rara famiglia di tè è nata in Cina, dove si crede che abbia preso il suo nome dall’emblematico colore dell’Imperatore che adorava questo tipo di infuso.,

  Una leggenda narra che una principessa cinese della dinastia Tang quando si sposò con un esponente della famiglia reale tibetana abbia voluto questo tipo di tè come parte integrante della sua dote.
   Più probabilmente l’aggettivo giallo deriva proprio dalle tracce gialle che adornano le foglioline, a seguito di un particolare processo di ossidazione: dopo una rapida essiccazione le foglie sono rollate e pressate nell’antica carta gialla di riso Niu Pi Zhi e lì lasciate asciugare naturalmente.
   Solitamente le foglioline a forma di ago, quando messe in infusione, affondano per poi tornare a galleggiare, spesso in 

verticale: è credenza che maggiori siano gli aghi verticali, maggiore sarà la fortuna della persona che si accinga a  berne l’infuso.
E’ un tè particolarmente delicato e dal colore giallo torbido: la sua infusione varia dai 5 ai 20 minuti, a seconda della qualità, ad una temperatura compresa tra i 75° C e gli 80° C.

Il tè blù : gli Oolong ( o Wulong )

E’ un tè cha ha subito una fermentazione meno spinta di quello nero (infatti sono anche detti semi fermentati) e che per questo motivo si usa considerare a metà strada fra un tè verde e un tè nero.
Viene prodotto nelle regioni costiere meridionali 
della Cina, soprattutto nel Fujian, nel Guangdong 
e nell’isola di Taiwan (ex Formosa).
E’ il tè usato per la cerimonia cinese del tè, il Gong 
Fu Cha.
Molti tè wulong hanno un intenso aroma floreale e 
un odore che ricorda decisamente quello di una 
pesca appena tagliata. Altri tipi ricordano più da vicino l’aroma e il sapore del tè verde.
Il colore dell’infuso varia da un verdino pallido al rosa, dal giallo chiaro al giallo dorato carico.
I wulong di Taiwan (Formosa) hanno la fama di essere i migliori, tanto da essere definiti “lo champagne del te"
La temperatura d’infusione si aggira attorno ai 90° C - 95° C per un tempo che varia dai 5 ai 7 minuti.

Il tè nero
(Tè nero, tè scuro, tè affumicato, melanges di tè, tè da carovana,
tè ‘Npphet )

Tè nero – Tutti i tè riconducibili alla “categoria” nero, quindi anche gli scuri, gli affumicati, quelli da carovana e molti melanges, sono ottenuti favorendo una reazione di ossidazione e fermentazione, dando origine ad una serie di sostanze che non erano presenti nelle foglie vive.
    Questo processo, che chimicamente è un’ossidazione catalizzata seguita da una polimerizzazione, viene spesso definita fermentazione e così i tè neri vengono altrettanto spesso definiti tè fermentati.
      La temperatura e i tempi d’infusione variano a seconda della qualità; comunque in genera tra gli 80° C e i 95° C e dai 2 ai 5 minuti.

    Ecco una panoramica sui più conosciuti tè neri :
 Ø  Assam (India): si tratta di una varietà di tè nero che dà un infuso ricco e forte, dal colore arancio-rosso e dal caratteristico aroma di malto. Costituisce un elemento tipico di molte miscele commerciali di alta qualità, ma si trova anche venduto da solo. In genere gli Irish Teas, tè da prima colazione molto forti, sono costituiti interamente da tè di questa qualità.
Ø  Ceylon (Sri Lanka): esistono diverse varietà di questo tipo di tè che dà l’infuso più caratteristico impiegato in Occidente. Ha un aroma deciso, un carattere forte (con un contenuto di teina medio-alto) e un colore rosso brillante. In genere è della qualità Orange Pekoe.
Ø  Darjeeling (India): è uno dei tè neri più ricercati e costosi, di altissima qualità. Proprio per questo di solito viene commerciato unendo al nome generico anche quello della piantagione da cui proviene, con una specie di marchio Doc.
     Per essere comunque sicuri che si stia acquistando un darjeeling di ottima qualità occorre controllare che sia almeno OP, sigla con cui si indica l’Orange Pekoe.
      I migliori darjeeling danno infusi generalmente più chiari di altri tipi di tè, con un colore da aranciato a dorato. Possiedono anche un carattere decisamente astringente (dovuto ai polifenoli primari, presenti in buona percentuale) e un aroma di fiori selvatici con una punta di mandorle dolci.
Ø  Keemun (Cina): è il tipo di tè che costituisce il cuore dei blend commercialmente definiti English Breakfast. Ovviamente ne esistono molti sottotipi, ma tutti hanno lo stesso carattere di fondo: un infuso dal colore decisamente rosso e un aroma ricco e fruttato che può ricordare la mela e la prugna.

Il tè scuro ( Pu’Er ) – E’ originario della provincia dello Yunnan, nella Cina continentale. E’ un tè a foglia larga con forte aroma di terra fresca e un colore decisamente scuro che dà un infuso rosso vivo. Viene commerciato sfuso, marcato Pu’er, oppure in forma di torte chiamate in inglese Pu’er cake tea o ancora pressato in forme semisferiche definite Tuocha o Bird’s nest tea.
     Differisce dagli altri tipi di tè per la preparazione originale:infatti viene fermentato per due volte. La seconda fermentazione viene praticata per far formare sulla superficie delle foglioline uno straterello di muffa che ne arricchisce il sapore e l’aroma, al pari di quanto avviene per molti altri cibi che sfruttano la formazione di muffe (es. gorgonzola o roquefort).
     Più che una bevanda, in Cina il tè Pu’er è considerato una vera e propria medicina, usato soprattutto per i suoi benefici effetti sul tratto digestivo.
      Il suo sapore, che come detto ricorda quello della terra fresca, a causa di particolari oli essenziali di cui è ricco, non piace a tutti.
      Iinfusione a 95° C per 4/5 minuti.

Il tè affumicato – Le foglie, dopo essere state raccolte, vengono fatte appassire accanto a un fuoco a fiamma viva di legno di pino o di cipresso.
     Dopo il processo di rullaggio, vengono messe in botti di legno, finchè non cominciano a profumare del loro aroma caratteristico ed estremamente piacevole.
     In ultimo vengono sistemate in cesti di bambù e appese a specie di griglie poste sopra un fuoco fumoso di legno di pino. In questo modo le foglie si asciugano e contemporaneamente assorbono le essenze aromatiche del fumo.
     Il prodotto essiccato è composto da foglie spesse e nere che, quando vengono poste in acqua calda, producono un infuso di un delicato colore tra l’arancio e il rossastro.
      L’aroma, viceversa, è molto marcato e un tempo non veniva offerto alle donne.
      Oggi viene impiegato assieme ad altri tè, per dare miscele (blend) con una “ nota di affumicato “.
    Il tè Lapsong Souchong affumicato era uno dei due componenti, assieme all’altrettanto deciso Keemun, del tè da carovana per il mercato russo.
     L’infusione avviene a 80° C – 95° C per un tempo di 3/4 minuti.

Il tè da carovana o in mattonelle – Si tratta di foglie, polveri e piccioli di tè, sia nero che verde, polverizzato e compresso, appunto, in mattonelle o tavolette rettangolari o quadrate,  più o meno spesse.
Questo metodo fu ideato nei secoli scorsi per trasportare ( anzi esportare ) meglio il tè, senza farlo deperire, verso la Russia e il Tibet, forti consumatori di tè, con vere e proprie carovane merci di cammelli.
   Le mattonelle erano dure, di colore bruno verdastro e portavano ideogrammi, disegni cinesi o scritte in russo.
Per aumentare la consistenza delle mattonelle, i cinesi impastavano il tè con acqua di riso, ricca di amido, quindi lo facevano fermentare e lo passavano al vapore per le stampigliature.
     Le tavolette di sole foglie, le migliori, pesavano circa 100 grammi ed erano avvolte in carta bianca o stagnola. Erano quindi imballate in cassette di legno foderate di lamine di piombo per garantirne la freschezza e soprattutto la fragranza, in un viaggio così lungo e climi così umidi.
    Le mattonelle di prodotto più scadente, fatte con rametti, cascami e frammenti di steli, pesavano 

invece 1 o 2 chili ed erano imballate in cesti di bambù.
Con un infuso caratterizzato dal gusto e dal profumo molto forti, il tè in mattonelle risulterebbe oggi eccessivamente deciso per i consumatori occidentali, mentre viene ancora usato soprattutto in alcune regioni cinesi ed in Tibet.
In cinese i tè da carovana sono chiamati Tuocha e fanno parte dei Pu’er (traslitterati anche come pu-ehr o Pu’ehr ). L’infusione è a circa 95° C per un tempo di 4/5 minuti.
Esistono, in aggiunta, anche altri tipi di tè pressati, ovvero le Natte (pure o miscele di tè nero) e i Battonèt (pure o miscele di tè verde), originarie, le prime, della Cina e dell’Indonesia, gli ultimi esclusivamente del Laos.

I melanges di tè – Si tratta di miscele di diversi tipi di te, usati spesso dagli occidentali per enfatizzare o mitigare il gusto deciso di un singolo tè.
     Le troviamo sia in taglio broken che in foglia .
     Ecco un elenco delle più conosciute :
 Ø  English Breakfast: miscela formata da tè di tipo Ceylon e indiani, spesso costituita dal solo tipo Keemun cinese. Questo tè ha un carattere forte, ottimo pertanto per una prima colazione.
 Ø  Irish Breakfast: miscele il cui costituente principale, quando non unico, è il tipo Assam. Ha un carattere più forte rispetto all’English Breakfast e un contenuto di teina fra i più elevati .
Ø  Russian Caravan: è il blended più diffuso in Russia. Come gusto si rifà agli antichi tè da carovana. Contiene spesso il tè nero Lapsang Souchong affumicato, anche se di solito i tipi base sono i tè cinesi Keemun e Yunnan. A volte queste miscele contengono anche un po’ di tè Oolong aggiunto per stemperarne il gusto molto deciso.
Ø  Jasmine: è un tè verde miscelato ai fiori di gelsomino. La qualità migliore è chiamata Yin Hao. A volte è preparato anche con tè Baozhong, un tè cinese Oolong. Può capitare inoltre che la profumazione con i fiori di gelsomino serva a mascherare la qualità scadente del tè base, alzandone il costo in maniera davvero considerevole.
Ø  Earl Grey : prende il nome da un famoso Primo ministro inglese . Earl Grey di Howick Hall, nei pressi di Craster, fu un uomo politico molto popolare in Gran Bretagna e la sua riforma del sistema elettorale ( Reform Act ) del 1832 estese la partecipazione politica a categorie fino ad allora escluse dal voto. Come Primo ministro inviò una missione presso l’Imperatore cinese  e, per puro caso, un suo inviato salvò la vita al Mandarino. Come ringraziamento l’Imperatore fece arrivare in dono un tè profumato al bergamotto al Primo ministro, il quale ne apprezzò così tanto il gusto da ordinarlo con continuità alla Twinings, la società inglese di importazione e commercio, e da creare una vera e propria moda.
Attualmente la miscela Earl Grey è il tè più diffuso al mondo e viene venduto in  più di 90 paesi.

Il tè ‘Npphet  (o Letpet) della Birmania – E’ un tipo di tè abbastanza simile a quello in mattonelle per il mercato russo e tibetano, costituito però da foglie di tè fermentate e ammuffite.
Questo tè viene infatti preparato bollendo le foglie, infilandole in canne di bambù e seppellendo le canne sotto terra. Qui vengono lasciate per mesi  così, più che una fermentazione (o meglio ossidazione) realizzata prima dell’infusione, come avviene per i tè neri, si favorisce l’attacco da parte di muffe e batteri sulle foglie già bollite, con formazione di composti dagli odori e sapori molto particolari .
La particolarità di questo tè consiste nel fatto di non essere impiegato per farne infusioni da bere, ma direttamente come ortaggio da mangiare in zuppe, insalate e preparazioni simili.
Ha un odore aspro e acido ma non di muffa e la migliore qualità viene venduta in pregiate scatoline di lacca per farne omaggio, nei giorni di festa ad ospiti di riguardo, specialmente alla famiglia della fidanzata.

I tè fioriti
Sono particolarissimi tipi di tè, confezionati da abili artigiani, prevalentemente cinesi.
La loro caratteristica sta nel fatto di essere tè pressati in diverse forme artistiche (animali, ballerine, fiori, piramidi … ) e di contenere al loro interno uno o più tipi di fiori.
Una volta messi in infusione, unicamente in teiere trasparenti, questi prodotti artigianali unici iniziano piano piano ad aprirsi, rivelando la magia e la maestria delle loro composizioni interne che fluttueranno in acqua, regalando piacevoli sorprese visive.


Gli infusi
Non si tratta di veri e propri tè, perché sono miscele di erbe e spezie senza utilizzo di camellia.
Possiamo dividerli in 4 macrofamiglie : infusi a base di Karkadè (o Ibiscus), infusi a base di Rooibos, infusi a base di Lapacho e  Tisane.
Ø  Karkadè: pianta mediterranea, dona un infuso rosso intenso. Viene spesso addizionata con rosa canina e pezzetti di frutta essiccata e spezie, per creare sapori avvolgenti e sempre nuovi.
Ø  Rooibos : arbusto africano, altresì chiamato pianta del tè, sebbene non sia un tè. E’ comunque molto gradevole, specie se aromatizzato. Totalmente privo di teina.
Ø  Lapacho: una sorta di corrispondente sudamericano del Rooibos. Conosciuto da Incas, Maya e Aztechi, è usato come rilassante e rafforzatore delle difese immunitarie. E’ ancora più dolce e gradevole del Rooibos.
Ø  Tisane: la loro origine si perde nella notte dei tempi, in quanto da sempre l’uomo si curava e alimentava anche con infusi di piante, erbe, spezie e bacche. Esistono milioni di combinazioni, da quelle specifiche per curare una malattia a quelle più blande che hanno il “ compito “ di coccolare e rilassare chi ne fa uso.

Raccolta e sigle

Convenzionalmente abbiamo tre raccolte annuali, distinte in:

Ø  1st flush – 1° fusso: tra marzo e aprile
Ø  2nd flush – 2° flusso: tra maggio e giugno
Ø  3rd flush – 3°flusso: tra settembre e novembre

La raccolta è ancora praticata prevalentemente a mano e viene differenziata in :

Ø  Imperial Plucking: germoglio e prima foglia dall’alto (tè più pregiati)
Ø  Fine Plucking (o Orange Pekoe): germoglio e due foglioline apicali (una a dx e una a sx; te pregiati)
Ø  Corse plucking: prime tre foglie e germoglio (te meno pregiati)

 NB : Pekoe deriva dalla parola Pak-Ho, capello bianco, e sta ad indicare la lanugine sul germoglio.

Spesso vediamo sigle come OP oppure FGOP stampate sulle confezioni del tè.
Sono diverse a seconda che il tè sia a foglia intera, sminuzzato o in taglio polvere (quello più scadente, solitamente usato per la produzione industriale).

Eccone i significati : 
Te in foglia intera
Ø  P: Pekoe (raccolta a base di 3 foglie, corte e senza gemme)
Ø  OP: Orange Pekoe (raccolta convenzionale medio alta di germoglio e 2 foglioline apicali a dx e sx )
Le successive sono tutte in crescendo, come qualità del raccolto
Ø  FP: Flowery Pekoe (con germogli fioriti)
Ø  FOP: Flowery Orange Pekoe (con germogli fioriti)
Ø  GFOP: Golden Flowery Orange Pekoe (con punte di germogli e germogli fioriti)
Ø  TGFOP: Tippy Golden Flowery Orange Pekoe (molte punte di germogli)
Ø  FTGOP: Finest Tippy Golden Flowery Orange Pekoe (moltissime punte di germogli)
Ø  SFTGOP: Special Finest Tippy Golden Flowery Orange Pekoe (il miglior tè!!!)

Te sminuzzati
Ø  BP: Broken Pekoe (foglie più grandi del BOP, usato per miscele e aromatizzati/profumati)
Ø  BOP: Broken Orange Pekoe (usato per miscele)

Bustine industriali
Ø  FNGS : Fannings (foglia a pezzettini minuscoli)
Ø  D: Dust (polvere di tè – spesso scarto di lavorazione)


Breve panoramica sulla storia del tè

Le origine del tè si perdono tra mito e leggenda: varie sono le versioni giunte sino a noi, differenti a seconda dell’area geografica da cui provengono. Indichiamo solo le più note.
Versioni cinesi
La versione, forse più nota, farebbe risalire la scoperta di questa pianta e delle sue caratteristiche che la rendono idonea a utilizzarne le foglie per infusi, a circa 5000 anni fa, legandola inscindibilmente alla figura dell’imperatore ed eroe Shen Nong.
  Shen Nong, visse all’incirca tra il 2838 e il 2698 a.C.: fu lui, secondo la tradizione, a introdurre nell'antica Cina le tecniche dell'agricoltura, e il suo nome significa "il Contadino Divino".
  Considerato il padre dell'agricoltura cinese, questo imperatore leggendario insegnò al suo popolo come coltivare i cereali per sfamarsene, in modo da evitare l'uccisione di animali. Si dice che abbia assaggiato centinaia di erbe per valutarne il valore medicinale, e che sia l'autore del Pen ts'ao ching (trattato medico), il più antico testo cinese sui farmaci, che include 365 medicine derivate da minerali, piante e animali. La catalogazione di centinaia di erbe medicinali o velenose fu un punto cruciale per lo sviluppo della medicina tradizionale cinese. Il tè, che agisce da antidoto a una settantina di erbe velenose, è considerato una sua scoperta.
Secondo la leggenda un giorno d’estate mentre si trovava in visita in una regione distante dal suo regno, lui e la sua corte si misero a riposare. Mentre i suoi servi stavano bollendo dell'acqua in conformità con il suo regolamento (egli utilizzava per questioni igieniche soltanto acqua precedentemente sterilizzata) alcune foglie secche da un vicino cespuglio si staccarono accidentalmente, planando nell'acqua in ebollizione e miscelandosi con essa. Come scienziato, l'imperatore si incuriosì al liquido marrone e provò a berne un sorso. Ne trovò il gusto delizioso e la bevanda gli apparve subito rinfrescante…. Fu così che iniziò e si diffuse la pratica di utilizzare questo nuovo infuso.
Un’altra versione narra di un lungo periodo di siccità in Cina, che portò un'epidemia di peste. Alcuni anziani raccontarono dell'esistenza di una pianta il cui succo poteva curare gli ammalati e rendere fertile la terra. Questa pianta si poteva trovare su una montagna vicina, alla fonte di un drago. Alcuni giovani coraggiosi si recarono sulla montagna per cercare la pianta ma non tornarono. Il drago, sorvegliante della fonte, li aveva presi. Decisero di partire anche tre fratelli, due ragazzi e una ragazza. Il fratello maggiore partì per primo ma, dopo 36 giorni, ancora non era tornato; partì allora il secondo ma, dopo 49 giorni, anche questo non era ancora tornato. Partì per ultima la ragazza. Quando raggiunse la fonte si accorse che il drago aveva trasformato in pietre coloro che, prima di lei, lo avevano affrontato. Invece di avvicinarlo lo colpì a morte da lontano con una freccia.
La ragazza raccolse i germogli della pianta sacra, li annaffiò con acqua della fonte e, con sua sorpresa, questi divennero subito piante adulte. Raccolse i semi e li spremette sulle pietre, riportando così alla vita i suoi fratelli. Ritornati a casa, i fratelli riuniti piantarono altri semi sul pendio di una collina e altre piante nacquero subito. Con le foglie di queste piante sacre fecero un infuso e lo fecero bere a tutte le persone ammalate che subito guarirono; la pioggia tornò a cadere e la terra fu di nuovo fertile. Da allora nel Fujian non smisero mai di bere il sacro infuso della pianta del Tè. (La leggenda del Tè Bianco)
Un'altra di queste storie narra che un tempo un giovane ufficiale dell'esercito, stanco della corruzione del governo, decise di partire per altri luoghi e lo fece in compagnia della madre. Nel corso del suo viaggio fu colpito da una straordinaria fragranza presente nell'aria. Si fermò e chiese spiegazioni ad un anziano del luogo. L'anziano gli spiegò che, poco distante, c'era un piccolo lago e, in mezzo ad esso, c'erano 18 fiori di peonia.
Erano questi a diffondere l'aroma. L'uomo e la madre raggiunsero il lago e decisero di stabilirsi in quel posto. Dopo breve tempo, la madre si ammalò. L'uomo cercò a lungo, senza successo, piante medicinali per guarirla, finché, stanco e deluso, si assopì. Nel sonno gli apparve un anziano che gli disse di cucinare una carpa con un tè nuovo: questo avrebbe guarito la donna. Al risveglio, tornò a casa e, con sorpresa, seppe che anche la madre aveva fatto lo stesso sogno. Prese allora una carpa e cominciò a pensare come trovare il nuovo tè. All'improvviso un tuono squarciò l'aria e le 18 peonie del lago divennero... piante di tè! Era un tè particolare. Essendo state peonie, le piante avevano una superficie lanuginosa bianca. L'uomo prese le foglie e cucinò la carpa. La madre la mangiò e migliorò immediatamente. Guarita, chiese al figlio di prendersi cura di quelle piante così straordinarie. La donna divenne immortale e, un giorno volò via dalla terra, divenendo la patrona del tè del luogo. (La favola del Pai Mu Tan).
Versione indiana
Per gli indiani fu Bodhidarma a scoprire la pianta del tè. Maestro buddista indiano erede del Dharma e figlio del re delle Indie Kosjuwo, visse tra il 483 e il 540 d.C. Sotto il regno dell'Imperatore Xuanwudi, questo venerabile principe venne in Cina per raggiungere il regno Wei del Nord. Predicò il buddismo e raccomandò la meditazione, la cultura dello spirito e il superamento di tutte le illusioni materiali per la salute dell'anima. Avvezzo a lunghe meditazioni, decide un giorno di fare un voto: non dormire per 7 anni, durante tutto il periodo della sua meditazione. Dopo alcuni anni venne però assalito dalla sonnolenza: seguendo l’istinto, raccolse alcune foglie da un cespuglio e, masticandole, recuperò le forze e la concentrazione. Si trattava appunto di alcune foglioline di tè.
 Versione giapponese
I buddisti giapponesi hanno apportato una variante alla leggenda di Bodhidarma e del suo incredibile modo di scoprire il tè. Essi raccontano che Bodhidarma, dopo tre anni di veglia ininterrotta, si lasciò prendere dal sonno sognando di alcune donne che aveva amato in gioventù. Ma al suo risveglio era furioso per la sua debolezza e per punirsi si tagliò le palpebre e le sotterrò. Ripassando dopo qualche anno nello stesso luogo si accorse che dove aveva seppellito le sue palpebre era cresciuto un arbusto selvatico le cui foglie producevano una bevanda meravigliosa che donava forza e aveva la proprietà di aiutare a mantenere gli occhi aperti durante le lunghe veglie di meditazione. La raccomandò ad amici e discepoli e così nacque l'uso e la coltivazione del tè.
Il viaggio del Principe Bodidharma in Cina è registrato dalle cronache cinesi del regno Vu Yu e datato al 543 d.C.
Risulta evidente in queste leggende l'accento sulle proprietà benefiche di questa bevanda, forse non appropriate o quantomeno esagerate, ma comunque apportatrice di benessere per la salute dell'uomo. 
Storia ufficiale 
La storia ufficiale fa risalire l'uso del tè come bevanda ai primi secoli della nostra era e ne possiamo dividere le tecniche di preparazione in tre scuole: quella del tè bollito; quella del tè sbattuto e  infine quella del tè infuso.
In precedenza le foglie della pianta, chiamata Tu, erano raccolte e ridotte in poltiglia fino a  formare degli impiastri da applicare sulle parti doloranti per alleviare i dolori reumatici. Queste tre scuole del tè sono significative delle epoche in cui esse prevalsero e che corrispondono alle dinastie cinesi Tang, Sung e Ming.
 Nel IV secolo d.C. il tè si preparerà facendo essiccare le foglie per poi pressarle fino ad ottenere dei
panetti duri e facili da trasportare.
Per poterlo consumare si doveva staccare la quantità necessaria da questo blocco, frantumarla nel mortaio e poi bollirla in acqua con altri ingredienti come il sale, lo zenzero, la buccia d'arancia e il latte e qualche volta addirittura le cipolle.
Ancora oggi nel Tibet, in Mongolia e anche in India il tè viene preparato quasi allo stesso modo.
Nell'VIII secolo gran parte degli ingredienti sono scomparsi ed è sopravvissuto solo il sale. Il tè è ormai una bevanda alla moda e molto diffusa tra i dignitari di corte.
E' in questo periodo che viene scritta la prima opera "scientifica" sul tè: il Canone del Tè o Cha Ching del poeta Lu Yu (Lu Wu).
 Sotto la dinastia Sung il tè gioca un ruolo preponderante nella civiltà cinese. Costituisce parte del tesoro imperiale, viene usato come moneta di scambio e soprattutto quale mezzo di pagamento per i cavalli acquistati presso le popolazioni mongole del nord e la Corte Imperiale vi ha posto il monopolio di Stato. In questo periodo si ha la nascita di un nuovo modo di preparare e bere il tè.
Le foglie vengono pestate fino a ridurle in polvere finissima; questa verrà messa in una ciotola e, con l'aggiunta di acqua calda, sbattuta con un frustino di bambù fino a farla schiumare. Il tutto accompagnato da un rituale molto preciso che oggi sopravvive solo in Giappone nella Cerimonia del tè (Cha no yu).
 L'invasione   mongola  e  l ' avvento  della  dinastia  Ming,  nel  XIII  secolo,  faranno    scomparire
completamente anche il ricordo di questa tecnica.
Le foglie, adesso, vengono fatte essiccare e poi lasciate pochi minuti in infusione in acqua non bollente.

Il tè è canonicamente giunto in Europa nel 1632 ad opera dei commercianti olandesi ed inglesi e gli occidentali hanno per molti secoli conosciuto solo l’infusione come metodo per preparare il tè.

In Inghilterra, specialmente, ebbe un florido mercato a partire dal 1662, fortemente voluto da Caterina di Braganza, sposa di Carlo II. Questa sua passione verso il tè portò nel 1700 all'apertura della Twinings, la prima casa di vendita del tè in Inghilterra, mentre contemporaneamente iniziarono a comparire altre case in europa (es. Damman Freres in Francia,su regio decreto del Re Sole).

Diverse fonti, però testimoniano presenze del tè in Europa molto anteriori: dal Papiro di Ebers (Egitto, 1550 a.C circa), considerato il primo “trattato” di erboristeria della storia occidentale, alla dominazione araba nei primi secoli del medioevo europeo (che introdussero nell'800 d.C. circa diverse piante tra cui il cotone e il tè) e specialmente dai diari di Al Masudhi e Ibn Wahab, dal Black Brick, una tavoletta da un chilo di tè nero pressato usata nel medioevo come moneta di scambio, a Giambattista Ramusio, che nel 1559 pubblicò il libro “della navigazione et viaggi “ in cui descrive i racconti di un certo Hajji Mahommed sull'utilizzo del tè.
Controversa è l'origine dell'aggiunta di latte o limone, cosi British e tipica del teatime. C'è chi sostiene che una delle motivazioni fosse evitare la rottura delle tazze che, raffreddate con il latte, non si spaccavano a contatto con l'acqua bollente.
In realtà l'uso del limone viene fatto risalire alle abitudini russe di utilizzare scorze di agrumi e bacche per aromatizzare tisane, prima di abituarsi all'uso del tè.
 L'utilizzo del latte va riconosciuto ai francesi. Infatti nel 1680 la Marchesa De Sablière lanciò la moda di aggiungere qualche goccia di latte all'infuso di tè.
 Più controverso l'utilizzo in Inghilterra. Ancora oggi si fa distinzione tra late milk (latte aggiunto dopo l'infuso) e milk in first (latte aggiunto prima dell'infuso) per non far crepare le tazze di porcellana.
Sicuramente ancora più credibile è invece la tesi che gli europei  abbiano mutuato queste abitudini dalle popolazioni che ne facevano ancora uso.

 Altre curiose invenzioni tutte occidentali furono le bustine del tè e il tè freddo: la prima ad opera di Thomas Sullivan, americano che all'inizio del 1900 pensò di filtrare il tè utilizzando bustine di filato di seta; la seconda invece viene fatta risalire a Richard Blechynden che aveva uno stand del tè all'expo universale di St-Luois ( USA ) del 1904 in cui offrira questo infuso, ma a causa del caldo eccessivo pensò di renderlo più dissetante unendoci del ghiaccio.

Il canone del tè - il Chajing
Il più antico e il più importante trattato al mondo
sulla coltivazione, la preparazione, l’uso e gli echi letterari del tè.
Fu composto sotto la dinastia Tang, dal letterato e poeta Lu Yu (attorno al 758 d.C.),
che, con questo libro, dette un fondamentale impulso alla cultura del tè e ne fissò lo spirito.
Alieno da ogni preoccupazione per l’esteriorità, Lu Yu insegna che le circostanze e il luogo della degustazione non sono che accessori, ed è quindi possibile variare l’etichetta del tea-party in accordo all’ambiente, al numero degli ospiti e al loro rango: accanto a un torrente tra i pini, si può fare a meno di molte cose, "ma se, in una città, alla presenza di un re o di un duca, manca anche uno solo dei ventiquattro strumenti prescritti, allora è meglio rinunciare del tutto a preparare il tè". La perfezione infatti va ricercata essenzialmente nella scelta accurata degli ingredienti e degli strumenti, nell’attento rispetto delle procedure di preparazione e nell’accorto equilibrio tra gli elementi che vengono chiamati in causa - l’acqua, il fuoco, il legno, il metallo, la terra - per rispecchiare in una tazza di tè l’ordine che governa l’universo.
Le pagine del Canone, che l’autore consigliava di ricopiare su rotoli di seta da appendere alle pareti per tenere sott’occhio e ricordare costantemente ogni aspetto della materia del trattato, si configurano così come un affascinante e rigoroso manuale tecnico di milleduecento anni fa, oltre che costituire un’opera di sottile poesia e un sacro testo dell’antico Oriente.

 

Breve biografia dell’autore

     Lu Yu, vissuto tra il 733 e l’804 nella Cina della dinastia Tang, letterato e poeta, ebbe una giovinezza avventurosa e un'esistenza romanzesca: secondo alcune biografie, fu un trovatello rinvenuto sulla sponda di un fiume da un monaco, che lo adottò e lo allevò finché il giovane fuggì dal monastero per unirsi a una compagnia di attori girovaghi. Notato dal governatore di Jingling che ne intuì il talento letterario, Lu Yu divenne amico di eruditi e potenti si ritirò poi tra i boschi di Tiaoxi, dove condusse una vita da eremita. Le opere attribuitegli sono cinquantasette, fra scritti in prosa e in versi: tra le diciassette opere arrivate fino a noi la più lunga è il Chajing, questo celebre Canone del tè per il quale, dopo la morte, Lu Yu è stato venerato come il "dio del tè", patrono di tutti i cultori dell’arte di preparare e degustare la bevanda orientale.


I riti e le cerimonie legate al tè.
La cerimonia giapponese : il CHA NO YU
La pratica di bere Tè si lega inscindibilmente alla filosofia zen tanto che sembra sia divenuta parte integrante all’interno della vita dei monasteri, inizialmente per quelle sole cerimonie dove si onorava il monaco Bodhidarma, poi tale abitudine venne utilizzata sempre più anche in molti altri momenti della vita del monastero.
In questi ultimi tempi sembra si stia scoprendo, o meglio riscoprendo, non tanto il gusto per questa bevanda, quanto forse l’uso di questa bevanda, il modo di prendere il Tè, quella che viene definita la… Cerimonia del Tè.
Questa bevanda era conosciuta da tempi antichissimi e la sua origine, non chiara, ha forse determinato lo sviluppo di numerose leggende. Queste, probabilmente, non sono altro che mezzi per far conoscere e distinguere questo infuso da altri decotti del tempo. Potremmo supporre che esistessero anche altre piante i cui infusi avessero almeno gli stessi benefici effetti, se non addirittura migliori, ma questo è divenuto nel tempo l’infuso più conosciuto, grazie anche alle numerose leggende che ne hanno decretato il successo, attribuendogli qualità apparentemente superiori, forse proprio perché legate alla spiritualità dei monasteri: il fatto che lo si usasse frequentemente nei monasteri non poteva non far pensare a qualcosa di sacro e quindi buono per la salute. Oppure, al contrario, proprio perché se ne conoscevano gli effetti benefici dai tempi antichi, non poteva non essere considerato qualcosa di sacro e, quindi, il posto migliore dove questo poteva essere custodito erano i monasteri. Più verosimilmente l’ipotesi più plausibile non ha niente a che fare con tutto questo, ma è solo la naturale conseguenza della sua diffusione nel territorio.
In effetti, per quanto riguarda il Tè, sembra che ci sia un qualche legame con una spiritualità dell’uomo verso la ricerca di quell’unione con il tutto, ma forse non tanto per le qualità della bevanda, quanto piuttosto per il modo con cui questa veniva ed ancora viene consumata, cioè il particolare rituale con cui ancora oggi, in particolari occasioni, viene servita.
Così, col tempo, prendere una tazza di Tè diventò un vero e proprio rituale e addirittura, in alcuni contesti, essa dette origine ad una vera e propria arte della sua preparazione e offerta.
La pianta di Tè è originaria dell’Asia meridionale, qualcuno dice della Cina meridionale. Da qui fu poi importata in Giappone, secondo alcuni, durante il periodo di massimo contatto con la Cina, quello che fu il periodo della dinastia Tang (618-907 d.C.).
Altre notizie parlano di un monaco zen, un certo Kukai, che intorno al IX secolo portò il Tè in Giappone in occasione di uno dei viaggi che fece dalla Cina e lo presentò a corte. Il fatto di presentare il Tè a corte significava indubbiamente che era qualcosa che si riteneva speciale, tanto da volerne presentare le particolari qualità alla corte, proponendole forse come dono, ma forse anche per poter accreditare e valorizzare questa pianta anche in Giappone ed in particolare nei monasteri.
Fino al XII secolo questa bevanda rimase confinata all’uso di pochi, in particolare della sola aristocrazia, oltre che utilizzata nei monasteri durante le cerimonie buddiste.
E’ dal XIII secolo che il Tè si diffuse in tutto il Giappone, forse, non a caso, con la diffusione della filosofia zen. In quel periodo infatti i monaci giapponesi si recavano spesso in territorio cinese per lo studio del buddismo.
Infatti la tradizione parla ancora di un altro monaco, Eisai (1141 – 1215), che, rientrato da uno dei suoi viaggi di studio sul buddismo dalla Cina, portò con sè alcuni semi di questa pianta e scrisse anche un trattato sulle proprietà del Tè, Kissa Yojoki, esaltandone gli effetti benefici che avrebbe avuto non solo sulla salute, ma anche sullo spirito.
Con lui il Tè acquistò maggiore notorietà, grazie anche al suo discepolo Dogen (1200 – 1253). Tornando anche lui da un viaggio in Cina portò con sé alcuni utensili utilizzati per la preparazione della bevanda, dando precise istruzione ai suoi discepoli su come preparare e servire il Tè. Queste regole posero probabilmente le basi per quella che poi divenne la cerimonia del Tè, il Cha-no-yu (letteralmente "acqua per il Tè").
Tutte le tradizioni sembrano quindi mostrare che il consumo di Tè e la successiva cerimonia del Tè ebbero origine attraverso gli scambi religiosi avvenuti tra i monaci cinesi e giapponesi, influenzati dalla filosofia buddhista che in Giappone si affermò come filosofia zen. Ma forse più probabilmente prima degli scambi religiosi, tra queste popolazioni vi erano da tempo scambi anche commerciali.
 Fu solo in seguito che questa pratica dai monasteri si diffuse anche tra il popolo come forma di intrattenimento e piacere: in particolare tra i nobili della corte a Kyoto, ma anche nella classe dei guerrieri ed è forse in questo periodo che prende forma la Cerimonia del Tè.
L’utilizzo di questo infuso divenne anche qualcosa di intimamente legato a valori spirituali, un vero e proprio rito, addirittura una vera e propria forma di espressione artistica, non solo tra i monaci dei monasteri, ma anche tra i mercanti che tra il XIV e il XVI secolo si stavano affermando come nuova classe emergente.
La cerimonia assunse quindi anche un carattere sociale e si arricchì di numerosi atti coreografici che nel complesso potevano apparire solo come ostentazione della ricchezza e del potere di chi offriva il Tè all’invitato.
In questo periodo alcuni famosi monaci ritennero che il rituale del Tè potesse andare oltre quello che appariva, oltre lo sfarzo e l’ostentazione con cui questi riti avvenivano, ma che la cerimonia potesse portare la persona oltre ciò che riteneva di essere. Addirittura la cerimonia poteva diventare anche una espressione della pratica Zen, a dimostrazione che ogni atto della vita di ogni giorno è un atto che potenzialmente può portare all’illuminazione.
Questo nuovo modo di intendere la cerimonia portò allo sviluppo di una nuova bellezza esteriore, ad una ricerca dell’armonia nell’imperfezione della quotidianità, anche attraverso l’uso di strumenti per la preparazione e offerta del Tè meno pregiati di quelli cinesi, quali erano quelli giapponesi. Ma il tutto sempre e comunque con la consapevolezza che ogni gesto richiedeva.
Questo culto si diffuse anche tra i samurai, per i quali sembra che la Cerimonia del Tè divenne parte integrante della Via del Budo, non distinguendosi da questa, ma risultando forse essa stessa la Via. Infatti l’attenzione prestata non poteva non essere la medesima che veniva data alla spada, era  semplicemente consapevolezza.
Attorno alla Cerimonia del Tè sono fiorite anche altre forme di espressione artistica quali la calligrafia, e la pittura, ma anche l’architettura, la ceramica… comunque forme artistiche in cui l’arte diventa solo il mezzo per una crescita interiore verso una più alta conoscenza del sé.
Ma solo all’interno della filosofia zen possiamo trovare quello che potrebbe essere il profondo significato del rito del Tè, con cui spiegare i contenuti e, attraverso l’esperienza del profano poter arrivare all’illuminazione, cioè al sacro. In questo modo l’arte diventa il mezzo per comprendere il sacro. Forse grazie anche alla cerimonia del Tè si può arrivare a non distinguere più la vita dall’arte così come il sacro dal profano. Infatti nella filosofia zen si pone particolare attenzione e consapevolezza ad ogni gesto, anche quello che apparentemente potrebbe sembrare il più insignificante, ma che, proprio perché fatto con tutta l’attenzione e la consapevolezza che quel gesto richiede, esso non è diverso dal tutto, quindi esso è il tutto. Non si può spiegare, lo si può solo vivere e attraverso questo, forse, lo si… scopre.
Questa particolare e naturale attenzione ad ogni atto è ciò che ancora oggi si usa far imparare prima della cerimonia vera a propria, attraverso l’apprendimento del modo più elegante di eseguire alcuni gesti ritenuti ovvi, che invece assumono un significato assai importante nell’esecuzione del rito. In quei gesti, quali ad esempio il camminare, il sedersi, la ricerca della bellezza diventa solo l’espressione della consapevolezza dell’azione. Forse ciò è la giusta preparazione per ogni altro atto che successivamente verrà appreso in seno alla cerimonia.
Così ogni gesto effettuato nella cerimonia ha la sua importanza e come tale dovrà essere effettuato con la massima attenzione e cura.
Anche gli utensili con cui si prepara il Tè acquistano un particolare significato, tanto da dover essere scelti con cura proprio per l’uso che ne verrà fatto; questi comprendono:
·      chawan - la ciotola per il Tè;
·      chaire - il contenitore del Tè;
·      chasen - il frullino di bambù;
·      chashaku - il mestolo di bambù.
Uno speciale abbigliamento è dedicato alla cerimonia; solitamente gli indumenti hanno colori sobri, capita a volte però, nelle cerimonie molto importanti, che venga indossato il kimono con lo stemma di famiglia, mentre ai piedi si mettono le tradizionali calze bianche giapponesi (tabi). Secondo il cerimoniale, gli invitati devono portare con sè un ventaglio e un pacchetto di fazzolettini di carta (kaishi).
Un complesso codice di etichetta regola tutta la cerimonia, fin dal momento dell’invito.
La cerimonia si svolge con un numero massimo di cinque invitati. Una speciale attenzione viene posta anche al luogo dove la cerimonia si svolge. Questa solitamente è una piccola e rustica capanna inserita nel mezzo del giardino dell’abitazione. Generalmente vi si accede seguendo un percorso sinuoso. Il padrone di casa conduce gli invitati attraverso il giardino nel luogo dove è sistemata la capanna per la cerimonia del Tè. Durante questo percorso, essi trovano di solito una conca piena d’acqua per sciacquarsi le mani e la bocca. Questo ha forse il senso di far avvicinare gli ospiti alla natura, lasciando i problemi del mondo ed i relativi conflitti fuori dalla porta.
Anche l’entrata nella capanna ha un significato particolare: questa infatti è bassa, tanto che gli invitati sono costretti ad abbassarsi e quindi ad inchinarsi, senza alcuna distinzione di classe sociale.
Un atteggiamento di umiltà verso quello che potrebbe anche sembrare un luogo sacro.
L’ambiente che li accoglie è molto austero, essenziale.
Una volta entrati, essi si dirigono verso il tokonoma – angolo della bellezza - dove possono ammirare un fiore disposto in maniera particolare secondo quello che sono in principi dell’arte ikebana, l’arte di disporre i fiori. Oppure possono ammirare un rotolo di riso con una calligrafia tracciata a mano da un artista, lasciandosi ispirare e così predisponendosi alle successive fasi della cerimonia. Quindi eseguono uno o più inchini davanti al tokonoma e si dirigono verso il focolare, che può essere fisso oppure solo un braciere. Dopo averlo ammirato, l’invitato più importante prende posto e a seguire tutti gli altri. Gli ospiti quindi si radunano sulla stuoia (tatami) sedendosi sui talloni e con la schiena in posizione eretta (seiza).
Tutta l’attrezzatura è disposta su un tavolino e prima di iniziare gli invitati ne ammirano le fattezze.
Solitamente nella prima parte della cerimonia si usa servire un pasto leggero (Kaiseki), quindi viene servito un Tè denso (Koicha) ed infine si serve un Tè meno denso del precedente (Usucha).
L’intera cerimonia risulta molto lunga, pare duri circa quattro ore. Più spesso la cerimonia si riduce alla sola offerta di Tè per una durata di circa un’ora. Solo nelle occasioni importanti si esegue tutta la cerimonia.
Il padrone di casa procede quindi alla preparazione del Tè, mettendo nella ciotola o tazza del matcha, la polvere di Tè verde, sopra cui viene versata acqua calda (l’ideale è a 60°) con l’hishaku – una specie di mestolo -; si mescola quindi con il - chasen – frullino per agitare il Tè – fino a formare una bevanda spumosa di color verde chiaro. A questo punto il Tè è pronto per essere servito.
A questo punto a seconda che si tratti di servire il Tè denso o il Tè leggero, la cerimonia è leggermente diversa.
Nel primo, Koicha, viene versato in una unica tazza da cui ognuno ne beve solo pochi sorsi. La tazza viene offerta all’invitato più importante che guarda con ammirazione la tazza, ne beve un sorso e poi decanta le qualità della bevanda. Poi prima di passarlo all’ospite successivo ne prende ancora qualche altro sorso, avendo cura di asciugare la parte della tazza dove ha poggiato la bocca. Concluso il giro può accadere che l’invitato più illustre chieda di poter nuovamente ammirare la tazza.
Nell’altro rituale, Usucha, l’ospite serve il Tè in una tazza per ogni invitato. Il Tè viene versato in apposite ciotole (chawan), come quelle in ceramica raku, la cui semplicità e rusticità contribuiscono a predisporre una mente calma e tranquilla. Queste ciotole non sono perfettamente rotonde e il bordo superiore non è liscio, ma ondulato, sembra che questo consenta di poter provare una particolare sensazione piacevole quando le labbra vi si appoggiano.
Così come il cerimoniale prevede un particolare rito per la preparazione del Tè, allo stesso modo chi prende il Tè deve seguire un particolare rito.
La tazza, infatti, viene offerta con la parte più bella rivolta verso l’ospite. Questi la prende con la mano destra e con movimento lento ma continuo, porta la ciotola sul palmo della mano sinistra,tenendola davanti a sé. Si fanno, quindi, due inchini per esprimere riconoscenza e gratitudine: uno nei confronti del maestro di cerimonia e uno per il Buddha.
Prima di bere, si prende la ciotola con la mano destra e la si gira verso sinistra, in senso antiorario, finché la parte esterna più bella della ciotola sia rivolta verso l’esterno. A questo punto si sorseggia il Tè, facendo percepire il suono del te che viene sorbito.
Si pulisce, quindi, la parte su cui si sono appoggiate le labbra con il pollice e l’indice della mano destra. Si gira, quindi, ancora una volta la ciotola verso sinistra, in modo da poter ammirare il lato più bello e si appoggia davanti a se stesso.
Dopo che ogni invitato ha consumato il contenuto della propria tazza, queste vengono restituite al padrone di casa. L’ospite recupera tutta l’attrezzatura e la porta in un’altra stanza. Quindi ritorna dagli invitati, si inchina davanti a loro, indicando così che la cerimonia è terminata. Poi tutti si avviano verso l’uscita dalla capanna accompagnati dal padrone di casa.
Durante la cerimonia il tempo appare fermo, o quantomeno rallentato, mentre scorrono le nostre azioni. La mente prende forse consapevolezza di qualcosa che il nostro vivere quotidiano non può rivelare, in quanto i gesti di ogni giorno sembrano essere orientati  all’avere, al raggiungere degli obiettivi. Quell’avere è la manifestazione del nostro io, quell’Io che per poter esistere deve avere, deve possedere, così che l’Io identificandosi con ciò che fa… crede di esistere, quindi in ultimo crediamo di essere. Nella cerimonia del Tè, attraverso il modo in cui il rituale si sviluppa, possiamo invece esprimere qualcosa che attiene a ciò che sentiamo, per cui in quel momento non stiamo facendo niente, ma forse siamo semplicemente tutto, quel tutto inteso come intero, come integro: ciò che sentiamo è il nostro agire in quel momento.
Per poter dare spazio all’essere, l’io deve necessariamente venir meno. Non negandolo esso cesserà di disturbare, ma soltanto nel momento in cui ne siamo consapevoli allora, forse, non potrà interferire con la naturale armonia della Vita e quindi con ciò che sentiamo di essere.
Così il nostro essere può esprimersi solo e soltanto nella libertà da quello che è l’io, ciò che noi crediamo di dover essere. E se c’è questa libertà allora non c’è timore alcuno di sentire e esprimere ciò che siamo, il nostro agire sarà allora la naturale espressione dell’armonia della Vita.
Quella libertà che non è sforzo, non è resistenza, ma accoglienza prima di tutto di noi stessi e quindi accogliendo noi stessi forse possiamo conoscere ciò che… sentiamo.
L’arte della cerimonia del Tè potrebbe rappresentare un modo per conoscere noi stessi, attraverso il silenzio della mente, cioè dell’io, liberando il nostro essere affinché possiamo esprimere ciò che siamo.
 Le altre cerimonie :

A seconda dei paesi, si sono sviluppate diverse cerimonie legate all'utilizzo del tè, sicuramente molto più spartane e conviviali della spiritualissima Cha No Yu giapponese.
Così in Cina abbiamo il Gong Fu Cha, utilizzando un tè Oolong – Gong Fu cha significa maestria del tè;
 In Tibet si usa il Su Ya C'Ha, un tè verde con sale e burro di yak, accompagnato da polpettine tsampa a base di orzo tostato;

In India abbiamo il Masala chay, un tè nero speziato messo in infusione nel latte e servito caldo e dolcissimo;

In Marocco vi è l'abitudine di utilizzare la menta assieme al tè verde. Di solito si usa gunpowder con menta nana (atay nanah) ;

In Russia e in molti paesi dell'est Europa vi è l'utilizzo del samovar, un bollitore/contenitore di acqua e tè denso da diluire a piacere degli ospiti.

In Inghilterra si è sviluppato l'afternoon tea o High tea, il famoso tè delle cinque (il relativo five 'o clock tea americano e irlandese) servito con limone o latte o clotted cream (panna), abitudine del Devonshire e della Cornovaglia accompagnato da leccornie dolci e salati (ricordiamo i famosi scones e i tramezzini ai cetriolini).