DESCRIZIONE

Le Nostre Origini:

Dall’unione del gruppo storico Gilda del Loto Nero e della compagnia d’arme Bononia Militiae è nata, nel MMXI, la Gilda d’Arme Bononia.

Come gruppo di rievocazione storica ci rifacciamo alle compagnie d’arme presenti sul territorio Bolognese tra il XIII e il XIV secolo.

Cit : “La vita economica e sociale di Bologna durante il sec. XIII ed il XIV, fino all’avvento delle signorie, fu strettamente determinata dalle corporazioni cittadine e dalle associazioni armate del popolo, i cui rappresentanti - anziani consoli - dalla seconda metà del sec. XIII furono l’organo di direzione politica effettiva della città.” – Archivio di stato di Bologna, curatore Giorgio Tamba –

Cit : “L i b r i m a t r i c u l a r u m d e l l e s o c i e t à d ’ a r t i e d ’ a r m i ,Voll. 6 (127221796). Nel 1272 il capitano del popolo, Accursio Lanzavecchia, dispose che i nomi degli iscritti nelle matricole delle società del popolo venissero riportati in un voIume costituente la matricola populi. Nuove redazioni di questa si ebbero nel 1294, nel 1314 e nel 1410; quest’ultima, successivamente divisa in tre tomi, reca aggiornamenti fino a,ll’anno 1796. “ - BIBL.: A. 1. PINI, I libri matricularum societatum bononiensium e il loro riordinamento archivistico, Bologna 1967 (AS Bologna, Quaderni della scuola di paleografia ed archivistica, 15). –

Per rispetto alle società d’arme realmente esistite sul territorio, non ci siamo fregiati del nome di nessuna di queste, ma piuttosto ne abbiamo creato uno ex novo, pur restando fedeli nell’interpretazione storica e rievocativa degli usi e abitudini delle medesime.

Per la stessa motivazione abbiamo preso spunto da simboli araldici reali dell’epoca,pur assemblandone uno nuovo : l’aquila bicefala, fregio storico sovente utilizzato in diverse epoche ed occasioni (era ad esempio il blasone di Re Enzo, nobile prigioniero di Bologna), sta a rappresentare l’unione dei due gruppi, il loto nero in cima che funge da corona richiama alla memoria l’associazione Gilda del Loto Nero , mentre nello scudo in primo piano abbiamo messo in risalto parte dell'emblema della società d'arme Bononia Militiae che a sua volta riprende lo stemma del comune di Bologna all'epoca dei primi statuti .

Riferimenti bibliografici e fonti :

· Statuti delle società del popolo di Bologna, a cura di G. GAUDENZI, 1, Società delle armi, Roma 1889, II, Società delle arti, ivi 1896 ;

· A. Gaudenzi, Gli statuti delle società delle armi del popolo di Bologna, in Bullettino dell’istituto storico italiano,8 (1889), pp. 7-74 ;

· A. Gaudenzi, Le compagnie delle armi a Bologna, in L’Archiginnasio, XXVIII (1933), pp. 158-184 e 323-340 ;

· A. T. PINI-R. &ECI, Una fonte per la demografia storica medievale: le “ venticinquine ” bolognesi,in RAS, XXXVI (1976), pp. 337-417


Ci occupiamo di :
1) Alimentazione storica :
- Organizzazione cene e banchetti con cibi d'epoca e ambientazione storica ;
- Vendita prodotti alimentari per realizzare cucina storica ;
- Creazione di menù e ricette anche per vegetariani, vegan, celiaci e intolleranti, in linea con il periodo storico da ricostruire ;
- Degustazioni di infusi speziati, vini e liquori storici ;

2) Didattica :
- Banco dello speziale con erbe, spezie e strumenti alchemici ;
- Banco del maestro cuoiaio ;
- Banco delle invenzioni medievali ;
- Banco dei lavori storici perduti ;
- Banco della frutta e verdura antiche ;
- Incontri per le scuole sul tema " la vita nel medioevo " ;
- organizzazione di scambi e incontri culturali con città gemellate in rappresentanza dei comuni ;


3) Eventi :
- Ricostruzione di accampamento storico del 1300 visitabile ;
- Cucina storica in campo, anche con il pubblico ;
- Lezioni di scherma storica e scherma spettacolo ;
- Spettacoli di vita popolare, da campo e liberamente ispirati al medioevo ;
- Animazione in costume per feste, eventi e cerimonie ;
- Su richiesta : falconiere, mangiafuoco, giullari, giocoleria, organizzazione mercato di arti e mestieri storici.

4) Spettacoli :
- Sfilata di moda medievale : spettacolo didattico a sfondo comico della durata di circa 90 minuti. Si tratta di una sfilata di moda a concezione moderna ( musiche attuali che enfatizzano lo spettacolo ) , ma con in "passerella" 19 modelli di abiti storici, di diverse estrazioni sociali, che abbiamo auto prodotto rimanendo fedeli ad immagini e miniature dell'epoca. I vestiti saranno presentati e saranno date brevi nozioni storiche su ognuno, ma la didattica verrà alleggerita tramite sketch comici di ogni coppia di "modelli" ; questa rappresentazione ha un costo a parte ed è opportuno contattarci anche per avere le info tecniche per la messa in scena.
- Danze Allegoriche : brevi spettacoli di circa 20 minuti cadauno. Prendendo spunto dai miti pagani e cristiani, abbiamo creato diversi spettacoli danzanti con voce narrativa esterna che spiega lo svolgere delle nostre azioni in scena. Al momento abbiamo in repertorio le seguenti danze allegoriche : La scatola di Pandora , La danza della Morte e l'Amore disobbediente. Queste rappresentazioni hanno un costo a parte ed è opportuno contattarci anche per avere le info tecniche per la messa in scena.

giovedì 13 ottobre 2011

Analisi di vestiario tra XIII e XV secolo

A cura di Paola Fabbri
Articolo pubblicato sul N. 15 Luglio/Settembre 2008 della rivista Ars Historiae
In Europa sono presenti parecchi abiti restaurati. Il corredo dell’uomo di Similaun conservato al Museo Archeologico di Bolzano, alcuni indumenti risalenti all’età del bronzo conservati al Museo Nazionale di Copenaghen, precisamente un abito femminile rinvenuto in una sepoltura ad Egtved, (foto n. 1) composto da una corta gonna di cordicelle montata su una cintura, un corpetto con maniche che probabilmente veniva infilato dalla testa e una cintura finita da una nappa sorreggente un disco metallico. La veste di lana rinvenuta in una tomba a Borum Eshoj, presenta alcuni interessanti abbellimenti sulle maniche e attorno alla scollatura; dalla stessa tomba proviene anche una cuffia di elegante tessitura, portata forse sotto ad una reticella di crine di cavallo. L’abito rinvenuto a Borum Eshoj è dello stesso tipo di quello rinvenuto a Egtved: cintura a nappa, e gonna di cordicelle, di cui ne sussistono solo alcuni frammenti; le due vesti si differenziano solo dalla forma della scollatura. Infine una tunica maschile rinvenuta a Trindoj, formata da un pezzo di tessuto rettangolare, allacciato sulle spalle da corregge probabilmente di zampe di animali.
Per quanto riguarda il medioevo di notevole importanza sono gli indumenti rinvenuti nel 1921 durante gli scavi nella colonia di Herjolfsnes fondata nel 985 e abbandonata tra il 1375 e il 1410, date ovviamente approssimative. Gli abiti di Herjolfsnes (Museo Nazionale di Copenaghen) databili tra la fine del X e il primo quarto del XV secolo, sono una miniera d’oro di informazioni riguardanti i metodi di cucitura, il taglio, le tecniche di confezione, i materiali e quant’altro. In Italia abbiamo l’abito di S. Chiara, un bell’esempio di abito femminile, e la veste di S. Francesco, entrambi del XIII secolo. Studiando questi due reperti, abbiamo constatato che il taglio era simile a quello di alcuni abiti conservati in altri paesi europei con la medesima datazione (Abito di S. Elisabetta di Turingia, parrocchia di Oberwalluf). Al momento non sono stati rinvenuti nel nostro paese reperti ben conservati riguardanti il XIV secolo, quindi non possiamo affermare con certezza se lo stesso tipo di taglio dei reperti di Herjolfsnes fosse in uso anche in Italia, possiamo solo fare supposizioni. Per il XV secolo siamo in possesso di alcuni eccezionali capi di vestiario maschile, il farsetto di Pandolfo III Malatesta databile al primo quarto del XV secolo, la giornea e il farsetto di Diego Cavaniglia, ultimo quarto del XV secolo, l’abito penitenziale del beato Roberto Malatesta, primo quarto del XV secolo e due paia di calzebraghe risalenti all’ultimo decennio del ‘400 appartenute a Ferdinando I e Ferdinando II d’Aragona

ABITO DI SANTA CHIARA (1194-1253)
Indumento databile alla prima metà del XIII secolo, offre una preziosa chiave di lettura per comprendere il taglio di un abito femminile di quel periodo. Formato da due teli centrali, uno anteriore largo cm. 54,7 ed uno posteriore, cm. 51,7 con scollatura rotonda e un’apertura sulla spalla sinistra, l’ampiezza di circa mt. 4 all’orlo viene ottenuta mediante l’inserimento di tre gheroni laterali tagliati in sbieco (l’abito di S. Elisabetta ne presenta solo due). Notevole la lunghezza del vestito: lunghezza anteriore mt. 1,70, lunghezza posteriore 1,75. Le maniche lunghe circa cm. 50 presentano tre gheroni triangolari, tra la manica e l’incavo del giro manica dell’abito è inserito un tassello quadrato. L’abito fu confezionato con tessuto di lana spinato di quattro capi 2:2, l’ordito come la trama è costituito da fibre di lana di colore marrone, giallastro e biancastro. Si ringrazia Suor Chiara Anastasia Hill del Moastero di S. Chiara di Assisi per la traduzione degli atti del Restauro e la documentazione fotografica. L’abito di S. Chiara, il mantello, il cilicio, il velo, i capelli e il camice fatto da S. Chiara sono esposti nel santuario delle reliquie Protomonastero di S. Chiara ad Assisi.(foto n. 2)
VESTE DI SAN FRANCESCO (1181-82- 1226) Basilica di S. Francesco Assisi
San Francesco pare fosse solito regalare i suoi abiti ai poveri, non ci stupisce quindi il fatto che siano arrivate ai nostri giorni svariate vesti del santo. Una si trova a Cortona, altre due ad Assisi; La veste di lana bianca (Assisi) pare fosse stata regalata a S. Francesco da Jacopa dei Settesoli, considerando la finezza del tessuto, il colore e il taglio delle maniche non era sicuramente un indumento abituale del santo; apparteneva infatti al marito di Jacopa, Graziano Frangipane. Ci occuperemo nel dettaglio della seconda veste conservata ad Assisi (foto n. 3).
Confezionata in lana non tinta, il tessuto è costituito da un ordito di fibre di lana biancastra e dalla trama di fibre di lana marrone e beige; la lavorazione di lana marrone e beige mescolate secondo precisi parametri permette di ottenere un grigio scuro. Composta da due teli centrali, anteriore e posteriore larghi cm. 60, quattro gheroni laterali, che permettono di ottenere un’ampiezza totale al fondo di circa mt. 2, cuciti con filo di lino, le maniche hanno la stessa ampiezza sia alla spalla che al polso; parte del davanti, del dietro e della manica destra sono foderate di lino la manica sinistra è andata perduta. La veste è lunga mt. 1,35, presenta molte pezzette di lana usate per rattoppi tra cui alcune ricavate dal mantello di S. Chiara.
TUNICA DEL BEATO GALEOTTO ROBERTO MALATESTA (1411-1432) Monastero delle Clarisse Chiesa del Corpus Domini Bologna
Potrebbe trattarsi di un saio penitenziale, confezionato con un tessuto di lana molto grezzo e ruvido di un colore tra il grigio e il marrone spesso quasi mm. 5, è probabile che con le fibre di lana vi fossero intessuti crini di cavallo. E’ interessante vedere quanto questo indumento sia simile nel taglio alla veste di S. Francesco (Galeotto Roberto Malatesta fu terziario francescano). Anche in questo caso l’abito è composto da due teli centrali, quello anteriore composto a sua volta da due teli larghi cm. 36, aperto dallo scollo fino all’orlo, quello posteriore intero, largo cm. 70 all’altezza delle spalle e cm. 74 al fondo, due gheroni laterali quello davanti largo al fondo cm. 61 quello dietro cm. 63 entrambe i gheroni hanno una giunta triangolare vicino al giro manica larga cm. 4, la stessa cosa è stata riscontrata nella tunica di S. Francesco. Tra la manica lunga cm 45 e larga cm. 45 e l’incavo del giro manica dell’abito è presente un tassello quadrato cm. 9x9. Nell’apertura anteriore, in parte rifinita internamente con una striscia di seta beige non sono presenti bottoni ma vi sono i segni di una probabile stringa alta cm. 2 posta ad una distanza di circa cm. 6 dal girocollo. Sulla parte davanti destra vi è puntato uno spillo d’ottone lungo cm. 3 con testina dal diametro di mm. 2, probabilmente lo spillo servì per puntare la piccola pergamena. (foto 4)
PANDOLFO III MALATESTA (1370-1427) Musei civici di Fano
Farsetto in velluto di seta a pelo lungo color cremisi, composto da due parti anteriori e due posteriori, totalmente imbottito, l’imbottitura è trattenuta tra due strati di tela di lino; nella parte superiore delle maniche, tale imbottitura è stata fissata al velluto con impunture a ventaglio. La parte anteriore, e chiusa da bottoni distanziati cm. 2 l’uno dall’altro, dal diametro di circa cm. 1, decorati con un giro di impuntura; le impunture che decorano il collo e la parte inferiore della manica distanti mm. 3 l’una dall’altra furono eseguite a punto indietro con filo di seta.(6 )
DIEGO CAVANIGLIA (1453-1481) Convento S. Francesco a Folloni Montella
Sul n.8 Ottobre/dicembre 2006 di questa rivista uscì un articolo sull’abbigliamento funebre di Diego Cavaniglia primo conte di Montella, in cui per motivi di spazio si diede la precedenza al convegno che si tenne in dicembre a Napoli penalizzando gli indumenti in previsione di un successivo articolo; ho quindi pensato di riprendere l’argomento pubblicando i rilievi che, collaborando al restauro, ho potuto eseguire personalmente. Il farsetto fu confezionato con un bel damasco in seta probabilmente color avorio caratterizzato da un complesso modulo decorativo, rappresentate un motivo a melagrana circondato da foglie stilizzate e steli fioriti; lo stesso motivo si riscontra nella sopravveste di Ferdinando I d’Aragona (ultimo decennio del XV secolo, oggi conservata nella sacrestia della chiesa di S. Domenico Maggiore a Napoli), presenta delle strabilianti impunture distanti mm. 1 l’una dall’altra sul collo anteriore e scendono sulla parte posteriore formando un semicerchio, (foto 7) impunture eseguite con una tale perfezione da farle sembrare “fatte a macchina”. Il davanti è composto da due parti, chiuso fino al punto vita con 25 bottoni dal diametro di mm. 5 decorati con due giri di impuntura e da 5 occhielli di cui 3 rinforzati con maiette (anellini metallici probabilmente in ottone) posti in verticale lungo l’apertura centrale. Sotto il punto vita, delineato da una semplice impuntura e non da una cucitura vera e propria; si trova una fila di 9 occhielli, sull’orlo della falda sono posizionati due gruppi di tre occhielli posti orizzontalmente e due verticalmente lungo il fianco tutti rinforzati con maiette. La parte posteriore è composta da quattro elementi due quarti superiori e due inferiori che formano la falda della vita sulla quale sono presenti 8 occhielli sul punto vita e un gruppo di 3 occhielli sull’orlo posti orizzontalmente come sul davanti,. Le impunture che decorano la falda della vita sono in filo di seta ad un capo distanti mm. 4. La manica è divisa in due parti: la parte superiore va dal giro manica al gomito e la parte inferiore dal gomito al polso, nella parte superiore sono presenti 8 occhielli all’altezza del bicipite da dove fuoriuscivano stringhe di seta nere alte cm. 1 di cui non si trova menzione negli inventari e neppure nelle leggi suntuarie; tuttavia trovano un grande riscontro iconografico, Cesare Vecellio le commenta dicendo “che tali fettucce sono dal vento graziosamente agitate. Non si conosce l’utilità di questi oggetti, vi sono molte ipotesi tra cui una molto interessante formulata recentemente da Massimiliano Righini e cioè che potessero in origine servire per trattenere le maniche della cotta di maglia ed in seguito divennero solo un ornamento. Tornando alla manica, la parte inferiore che ricopre l’avambraccio presenta un’apertura dal polso verso il gomito lunga cm. 16 ed è chiusa all’altezza del polso da 4 bottoni mentre al termine della cucitura appena sotto il gomito si notano 2 occhielli dove probabilmente passava una cordella forse di seta. Tutto il farsetto fu cucito a punto indietro con filo di seta a 3 capi, e i punti lunghi circa mm. 2.
La giornea di raso di seta cremisi composta da quattro parti, due anteriori e due posteriori, presenta tracce di imbottitura di lana all’interno dei cannelli 12 davanti e 12 dietro (il che potrebbe spiegare come mai l’iconografia ci mostra giornee con cannelli perfettamente stirati). Sulla parte anteriore possiamo notare lungo il fianco all’altezza del punto vita un piccolo taglio a V (foto 14) probabilmente la sede della cintura; la scollatura è rotonda sia nella parte anteriore che in quella posteriore dove è più profonda, il girocollo è rifinito da un sottile profilo dello stesso tessuto della giornea; all’interno sul davanti era cucita una lunga stringa di lino alta cm.1, che probabilmente serviva per legare internamente la sopravveste e fissarla alla vita in maniera non visibile all’esterno. Lungo i fianchi e l’orlo sono visibili le tracce di un decoro, probabilmente una frangia d’oro o d’argento di cui non sono state ritrovate tracce; c’è da tener conto che questi indumenti non furono ritrovati nella sepoltura originale ma avvolti in un telo di plastica che conteneva anche lo scheletro, “incidente” avvenuto probabilmente durante i lavori di restauro del convento dopo il terremoto del 1980 che devastò l’Irpinia; è quindi probabile che il decoro che circondava la giornea così come spada, daga, agugelli ed altri oggetti preziosi siano scomparsi ”forse distrutti dal terremoto?” L’ampiezza al fondo dell’indumento è di mt. 2,80 e la lunghezza cm. 70. Dagli studi effettuati sullo scheletro dal Professor Fornaciari sembra che il conte fosse alto mt. 1,74.
CALZEBRAGHE San Domenico Maggiore Napoli
Il primo paio rinvenuto nell’arca di Ferdinando I d’Aragona databili all’ultimo decennio del XV secolo è di panno di lana spigato di colore nero, tagliato in sbieco in un unico pezzo, provviste di piede da cui manca la parte della pianta, due piccoli gheroni laterali sono inseriti all’altezza della caviglia. Lunghezza totale mt. 1,00 ( Foto n.9)
Il secondo paio appartenuto a Ferdinando II databile intorno al 1498 è di panno di lana spigato come quello precedente ma di color cremisi foderato nella parte superiore e rinforzato lungo la cintura con una grossa tela per rendere più resistente il punto dove vi sono gli occhielli rinforzati da maiette ancora presenti.(Foto n. 10). Anche in questo caso provviste di piede come quelle di Ferdinando I Lunghezza cm. 86.
Bibliografia
Ruth Gronwoldt, Miszellen zur Textilkunst der Stauferzeit in Die Zeit der Staufer, Band V, Stuttgart 1979
M. Bigaroni- H.R. Meier- E. Lunghi, La Basilica di S. Chiara in assisi, Perugia 1994
C. Vecelli, Habiti antichi et moderni di tutto il mondo
N.d’Arbitrio, La nuova sacrestia le arche gli apparati e gli abiti dei re aragonesi, ed.Savarese, Napoli 2001
Fra Agnello Stoia, Diego Cavaniglia La rinascita di un conte. Cefrasm ISBN 978-88-903688-0-6
Foto n. 1 Età del bronzo rinvenuto a Egtved
Borum Eshoj
Foto n. 2 Abito di S. Chiara databile alla prima metà del XIII secolo
Foto n. 3 Tunica di S. Francesco databile alla primo quarto del XIII secolo
Foto n.4 Saio penitenziale del Beato Galeotto Roberto Malatesta databile al primo quarto del XVsecolo
Foto n. 6 Parte anteriore del farsetto di Pandolfo III Malatesta databile al primo quarto del XV secolo
Foto n. 7 Diego Cavaniglia. farsetto parte anteriore databile all'ultimo quarto del XV secolo. Convento di San Francesco a Folloni, Montella
Foto n. 8 Diego Cavaniglia, Giornea parte anteriore. Convento di San Francesco a folloni, Montella
Foto n. 9 Ferdinando I d’Aragona, Calzebraghe databili all’ultimo decennio del XV secolo
Foto n. 10 Ferdinando II d’Aragona, calzebraghe databili intorno all’ultimo decennio del XV secolo

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